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al testo di Martina Dell’Annunziata
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“La sua è una classe di risulta”, asserisce con convinzione la vicedirettrice all'arrivo del giovane maestro Bruno D’Angelo. Nel quartiere romano di Tiburtino Terzo la scuola, squallida e sporca, assomiglia ad una prigione mandamentale. Si dettano regole, si rispettano pedissequamente le procedure burocratiche, ma persino fra gli insegnanti regnano disordine e rassegnazione. Neppure sono incoraggianti le prime impressioni avute in classe, a lezione, nella quinta elementare che gli è stata assegnata. Gli studenti appaiono svogliati, pronti all’insulto e alla lite, disinteressati ad ogni argomento che, nel migliore dei casi, è rimasticato goffamente e ripetuto a memoria. La sfida che il maestro è chiamato ad affrontare non può essere che questa: salvare i suoi piccoli alunni dalla dispersione. Ma come superare la percezione che la scuola, con i suoi astratti insegnamenti, con i suoi maestri indifferenti, sia del tutto estranea alla vita? Senza esitare a prendersi qualche rischio col direttore, Bruno D’Angelo si dimostrerà formidabile nell’impresa di ribaltare i rigidi schemi imposti dalla verticalità del rapporto allievo-maestro (emblematica, ad esempio, la riutilizzazione della cattedra come libreria), per andare alla ricerca dei ragazzi non frequentanti e delle loro famiglie, perseguendo il solo obiettivo di dare sostanza ad un’autentica comunità umana, senza autoritarismo né competizione. Diario di un maestro (1973) di Vittorio De Seta è un capolavoro immeritatamente dimenticato. Ispirato all’opera autobiografica di Albino Bernardini, Un anno a Pietralata (1968), il film-documentario registra l’esperienza del costituirsi di una scuola che non è pensata per accogliere solo “i figli dei dottori”, bensì per porsi come antidoto e come lotta contro la sensazione di sentirsi ai margini, di credersi meno di quel che si è. Per questo "maestro di strada" un bambino non è un problema didattico, ma un patrimonio di istinti, di interessi e di slanci che la routine scolastica troppo spesso rinnega. La scuola descritta da De Seta e Bernardini è la scuola che combatte contro i rischi della regressione. E non possiamo che sorridere, fors'anche amaramente, di fronte ad una scena che sembra parlarci dal passato: quella in cui il maestro D'Angelo, aiutato dai suoi alunni, fissa una cabina di plexiglas in aula. Per farne insieme un vivaio di lucertole.
*** MD |
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